La scultura dedalica descrive, in base ad un termine adottato dagli storici dell’arte del XX secolo, lo stile particolare che le figure umane assunsero nell’arte greca del VII secolo a.C. e che ebbe diffusione uniforme in tutta la Grecia.
Il termine deriva dalla tradizione letteraria che frequentemente ricorda la presenza a Creta del mitico scultore e architetto Dedalo, il quale sarebbe stato il primo ad operare in questa professione; i suoi allievi si sarebbero poi trasferiti nel Peloponneso, fondando la scuola scultorea di Sicione. Nella mitologia greca, Dedalo, rappresenta il tipo dell’artista universale: architetto, scultore e inventore, era anche considerato il padre delle arti figurative. Esiliato dalla sua città natale, Atene, si rifugiò a Creta alla corte di Minosse, per cui costruì il famoso Labirinto del Minotauro.
Ricordato anche nell’Iliade, si diceva che le sue statue fossero dotate di spirito vitale: erano infatti ritratte ad occhi aperti e membra che sembravano sul punto di muoversi.
Lo stile dedalico si sviluppa nel corso del VII secolo a.C. in seguito ai nuovi contatti della Grecia con il Vicino Oriente e l’Egitto. Gli elementi stilistici derivano in primo luogo dagli avori scolpiti siriaci e fenici del IX e dell’VIII secolo a.C., la cui presenza è diffusa, e testimoniata dai ritrovamenti, in tutta la Grecia e soprattutto a Creta. La figura umana dedalica è frontale, i corpi hanno vita stretta e busti triangolari, la parte superiore della testa è piatta, la fronte è bassa con la linea dei capelli dritta, il viso è un triangolo con grandi occhi, incorniciato dai capelli che cadono in massa sulle spalle con divisioni orizzontali o in sottili trecce, secondo uno schema appartenente alla scultura egizia.
Per influenza e in uno spirito di competizione con l’arte egiziana le sculture greche cresceranno in dimensione, acquisendo una nuova monumentalità, inizialmente con produzioni in calcare e in seguito sfruttando, particolarmente nelle isole, i marmi locali.
Le caratteristiche della statuaria dedalica le troviamo in opere come la Dama di Auxerre e la Kore di Nikandre.