Santuario di Delfi

Delfi si trova sul versante meridionale del monte Parnaso. Durante l’età micenea nel luogo vi era un santuario consacrato alla dea Gea (Terra), culto forse dovuto ai frequenti movimenti tellurici, alla presenza di sorgenti e di esalazioni.

Nel VII a.C. si affermò il culto di Apollo che, secondo un racconto di Omero, prese possesso del santuario, apparendo sotto forma di delfino: da qui deriva il nome Delfi. Ministro di Apollo era la Pizia, una giovane vergine che, seduta su un tripode d’oro, in preda a estasi mistica, dava enigmatici responsi.

L’area del santuario era compresa in una cinta di mura e la porta principale per accedervi si apriva nell’angolo sud-est: di qui partiva la via sacra che, salendo con due tornanti in ripido pendio, si snodava tra i templi votivi, i tesori, gli ex voto, e portava al tempo di Apollo dove la Pizia rilasciava i suoi oracoli.

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Il complesso degli scavi si snoda lungo una via principale lastricata detta Via Sacra, che sale dalla fonte Castalia lungo il pendio del monte Parnaso.

Al principio della Via Sacra sono ancora visibili i resti di tombe e simulacri d’età romana, testimonianza degli interventi che il santuario subì da parte degli imperatori romani dal I secolo a.C. al II secolo d.C.

Salendo si incontrano le prime importanti vestigia di fattura greca, in particolare i resti dei thesauroi votivi delle città greche, la cui edificazione iniziò nel VI secolo a.C.. Sebbene per la maggior parte non restino altro che le fondazioni, sono da segnalare due eccezioni: il Tesoro dei Sifni, ricostruito con copie dei materiali originali (i materiali autentici si trovano all’interno del Museo), ed il Tesoro degli Ateniesi, ricostruito quasi completamente con i materiali originali.

Il VI secolo a.C. venne contrassegnato anche dall’istituzione dei giochi Pitici, destinati a svolgersi ogni quattro anni.

Il santuario, con i suoi tesori, il suo potere di attrazione, la sua capacità di controllo politico, era destinato a diventare oggetto di contesa da parte delle principali città. Il predominio tenuto a lungo dai focesi, invano insidiato dagli spartani durante la seconda guerra sacra, passò a Filippo il Macedone con la terza e quarta guerra sacra.

 

Bibliografia

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