Oλβος: dimostrazione della felicità

L’uomo degno di stima e ammirazione per il suo Oλβος viene dotato, da Omero in poi, di un certo numero di beni: nobili destrieri e cani da caccia, mandrie di buoi e di bestiame in gran quantità, ricche provviste in casa, forzieri carichi di bottini e doni. L’uomo fortunato è inoltre di aspetto impeccabile, ha moglie e figlie di pari età, operose e caste, che metteranno al mondo figli valorosi, degni di assicurargli la posteriorità. A questo elenco di beni vanno aggiunti i piaceri della vita, che comportano agli occhi della comunità un certo prestigio sociale, così come lo sfoggio di un dispendioso apparato di feste e celebrazioni familiari come compleanno, nozze e funerali.

Imbandire sontuosi banchetti a cui invitare i diretti concorrenti è uno dei modi più efficaci per dimostrare il proprio Oλβος. Innumerevoli fonti letterarie attestano che tali conviti erano considerati il culmine delle gioie umane. I poemi epici ci descrivono tali simposi e nella poesia post-omerica questo contesto cambia ben poco: solo il gusto per il vino e per i piaceri erotici acquista un rilievo maggiore.

Tuttavia sono le cerimonie funebri e i culti ad esse connessi che gli offrono le occasioni migliori per esibire i suoi sfarzi: infatti oltre al fasto delle esequie, la costruzione di monumenti costosi e duraturi rappresentava l’occasione per far sfoggio delle proprie fortune.

I ricchi doni votivi, accessibili nei santuari, rappresentavano non solo la devozione del privato cittadino, ma anche il suo Oλβος: le nobili vesti tessute in casa e gli ornamenti delle korai mostrano la prosperità della famiglia; così lo sfarzo dei riccioli acconciati dei kouroi. Ma le statue dei kouroi e delle korai esaltano soprattutto la giovinezza fisica come culmine della felicità umana.

 

Bibliografia

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