Il gioco del cerchio

Orazio attribuisce la paternità del gioco del cerchio ai Greci. Non ci e’ pervenuto alcun esemplare di cerchio, ma, secondo un’antica norma i cerchi dovevano arrivare all’altezza dei fianchi dei fanciulli. I più preziosi erano in bronzo, gli altri in legno.

cerchioGanimede con il cerchio, cratere a figure rosse, 500-460 a.C.

 

18bc13d96b6df4850f65f2a6959f001a

Un giovane si sposta verso destra, tiene sulla sinistra un volatile (nel caso di sinistra un gallo), con la destra gioca al cerchio. Il gioco del cerchio (tròchos), guidato da una bacchetta era dai Greci considerato particolarmente adatto ai giovinetti, anche per i risvolti atletici e terapeutici col correre.
La presenza del galletto è da intendersi allusiva della gara e dell’incontro amoroso omoerotico. Per quanto non ci siano pervenuti esemplari di cerchio, dalle immagini dipinte si deduce che il gioco arrivava circa all’altezza dei fianchi dei giovinetti; era per lo più realizzato in fibre di legno flessibile, mentre più rari dovevano essere gli esemplari in bronzo.

Lo scopo di questo gioco, che è rimasto fino ai giorni d’oggi una attività ricreativa ancora in uso, era l’educare alle abilità motorie attraverso la forma geometrica più attraente, il cerchio che veniva fatto ruotare spingendolo con una bacchetta.

Il poeta Orazio cita nell’Ars Poetica, al verso 380 l’uso del gioco della palla e del cerchio:

Ludere qui nescit, campestribus abstinet armis, / indoctusque pilae discive trochive quiescit, / ne spissae risum tollant impune coronae” .
“Chi non sa giocare e si astiene dalle armi del capo di Marte, ……si riposa, gioca a palla, con il disco, con il cerchio, tre le risa della folla accerchiata intorno”.


Il poeta romano Marziale del I secolo d.C., negli Epigrammi, al Libro XIV, cap. 168, ci fa scoprire il gioco del cerchio tintinnante.

“Inducenda rota est: das nobis utile munus:
iste trochus pueris, at mihi cantus erit”.
Bisogna introdurre una ruota: ci dai un utile dono.
Sarà un cerchio per i bambini, ma per me sarà un suono.


I Romani inserivano all’interno del cerchio dei sonagli, campanellini, anelli di metallo che facevano risuonare il cerchio mentre girava correndo.
Properzio, poeta romano del I secolo, in una Elegia (Libro III, XIV), cita nei Ludi Laconum di Sparta il clavis, che serve per guidare il cerchio:

  “inter luctantes nuda puella viros, cum pila velocis fallit per brachia iactus,
increpat et versi clavis adunca trochi”


Il testo descrive fra i giochi dei maschi lottatori, una fanciulla nuda che allena il corpo in esercizi ludici con la palla e fa risuonare con la bacchetta adunca che fa correre la ruota.

bruegel_gioco_dei_fanciulli

Pieter Bruegel il Vecchio, “Giochi di Bambini”, 1560,

 

Bibliografia

Torna a L’arte del gioco