Il Kottabo

Particolare di kylix a figure rosse, 510 a.C.
musèe du Louvre, Parigi

Il gioco più diffuso, ampiamente testimoniato da pitture e vasi, era il kottabos. Esso consisteva nello scagliare le ultime gocce di vino rimaste sul fondo della coppa per colpire un bersaglio (dei piattelli collocati su un’asta di bronzo). Per fare ciò si faceva ruotare la coppa per l’ansa intorno a un dito. A volte i bersagli erano posati in equilibrio precario e il successo consisteva nell’andare a segno con la goccia facendoli cadere gli uni sugli altri con un sonoro clangore.

 

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Cratere a campana lucano, (425-375 a.C.)
San Pietroburgo State Hermitage Museum

La popolarità del gioco, diffuso dal VI al III secolo a.C., è testimoniata dalle raffigurazioni su vasi antichi e dalle citazioni negli autori classici, come nel caso della commedia di Amipsia, dal titolo Ἀποκοτταβίζοντες (“I giocatori di cottabo”).

Per i Greci il vino era il dono di Dioniso, divinità giunta da remote terre asiatiche. I Greci bevevano raramente vino puro e avevano piena coscienza dei rischi che comportava un uso smodato. Sul retro di molte kylikes di età arcaica compaiono spesso dei grandi occhi spalancati. Sollevando la tazza alle labbra e inclinandola per bere, gli invitati si trovavano ad indossare quasi una maschera che ricorda indubbiamente il volto della Gorgone, una delle più selvagge e feroci creature del mito.

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Bibliografia

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